Storia di un relitto ritrovato
Nel 1956, durante gli scavi in una cava di sabbia all’altezza della statale adriatica, circa all’incrocio con via Nulla Baldini, venne alla luce il relitto di una nave. Ad opera della Soprintendenza e del Comune di Cervia, con il supporto di Umberto Foschi, allora ispettore onorario della Soprintendenza e di Carlo Saporetti, appassionato della storia di Cervia e instancabile ricercatore, furono recuperati, un fiascone in rame, due ancore e parte del fasciame della nave. Il ritrovamento è estremamente importante perché ci offre parametri per immaginare una linea di costa di molto arretrata rispetto a quella odierna. A seguito di studi storici il relitto pare attribuibile al VI-VII sec. Lo scafo appare verosimilmente a fondo piatto e a fiancate tonde, con forme piene e capaci. Le dimensioni ipotizzabili vanno dai 10 ai 14 metri di lunghezza.
La cucitura delle assi dello scafo pare essere il metodo più arcaico impiegato nel Mediterraneo per le costruzioni navali in uso fin dal II-I sec a.C. Quello di Cevia è il primo rinvenimento che testimonia l'uso di questa tecnica nell'area dell'alto Adriatico.
Sulla nave poteva trovarsi una cabina o un focolare coperto da tegole. L’attrezzatura tipica per una imbarcazione di questo tipo era costituita da due ancore e un ecoscandaglio di piombo.
Della nave di Cervia restano il contenitore in rame, un'ancora in ferro, un frammento di una seconda ancora sempre in ferro, 5 frammenti di ordinate in quercia e 7 frammenti di fasciame in olmo.
Entrambe le ancore ed i legni ( ordinate e fasciame ) attualmente esposti, sono stati restaurati con il contributo del Gruppo Culturale Civiltà Salinara.